Se dovessi morire
con questo nodo
che mi uccide la gola,
lascio agli amici
le mie parole di vento,
a Dio
le mie speranze di vetro,
Alla felicità dei miei
diciannove anni rapiti
tutto il peso del mio silenzio.
Santella Massimino
Parigi, 6 settembre 1984
A queste parole di amare constatazioni, di fragili speranze e di amore infinito, Santella Massimino non ancora ventenne, ma conscia della fragilità della sua esistenza terrena e dell’imminenza di una inevitabile fine, affidava, il 6/9/1984, quelle che ben sapeva essere le sue ultime volontà, avendo consapevolezza che il male incurabile da cui era affetta l’avrebbe condotta ad una morte che già, “come parola magica sentiva scorrere dentro di sé, avvolgente ed inafferrabile”.
I genitori della ragazza compresero il messaggio della figlia e, il 20/05/1986, costituirono a Catania una Fondazione che aveva come scopo lo studio e la cura delle malattie neoplastiche del sangue.
Si volle attribuire al gesto un carattere meramente scientifico, che prescindesse dai valori affettivi che stavano alla base dell’atto di munificenza: quello che importava non era la causa che aveva dato luogo all’iniziativa, ma le finalità che la stessa si proponeva.